Che cos'è un Fondo Pensione?

on 20 Giugno, 2016

Intervista sui Fondi Pensione.

Domande e risposte sulla previdenza complementare in Italia.

Si tratta di un’intervista richiesta nel mese di febbraio 2016 da una rivista rivolta al grande pubblico che poneva domande serie e cercava risposte precise, ma semplici. L’esito deve esser risultato comunque fuori target, visto che poi non è stata pubblicata (Michele Tronconi – Presidente Assofondipensione).

  1. 1) Che cosa sono i Fondi Pensione?

Per spiegarlo bisogna partire da un'altra domanda: che cos’è la pensione? E’ una somma periodica di denaro che ha lo scopo di assicurarci un tenore di vita non troppo diverso da quello a cui eravamo abituati quando lavoravamo. Tenendo presente che alcuni costi spariscono, come quelli per andare e tornare dal lavoro, mentre altre spese diventano via via maggiori, come quelle per le medicine. Per questo la valutazione della pensione va fatta in proporzione all’ultimo stipendio, mettendo i due valori a rapporto; cosa che viene indicata col termine di ‘tasso di sostituzione’. Una buona pensione dovrebbe aggirarsi intorno al 70% dell’ultimo stipendio. Meglio, ovviamente, se ci si avvicina all’80%.

E’ importante sottolineare che, se si esclude l’integrazione al minimo, la pensione non è un sussidio a carico della fiscalità generale ma è il frutto di un processo di risparmio che viene accumulato durante la vita lavorativa. Tale risparmio è così importate, per noi e per la comunità in cui viviamo, che la sua formazione principale ha carattere obbligatorio, secondo regole fissate per legge, attraverso una gestione di tipo pubblico. Si tratta dei contributi che versiamo all’INPS, o alle Casse professionali. A ciò si possono aggiungere altre forme di accantonamento volontario presso i Fondi Pensione. Rispondo, così, alla domanda di avvio: essi sono gli strumenti della previdenza complementare che hanno lo scopo di integrare la pensione pubblica con altre rendite periodiche che incasseremo quando smetteremo di lavorare.

  1. 2) Perché è divenuto necessario ricorrere alla previdenza complementare?

Una volta le prestazioni obbligatorie provenienti dall’INPS venivano calcolate col sistema retributivo, cioè in proporzione all’ultimo stipendio. Per motivi legati all’andamento demografico oggi si è passati al metodo contributivo, per cui la pensione dipende da quanto si è effettivamente versato in termini di contributi, sulla base di un principio di corrispettività. Questo vuol dire, però, che se si inizia a lavorare tardi, o se si ha una carriera lavorativa intermittente a causa della crisi, si finirà col maturare dei diritti pensionistici insufficienti a garantire un tasso di sostituzione soddisfacente. Si stima, infatti, che le generazioni più giovani avranno pensioni anche inferiori al 50% rispetto all’ultimo stipendio. Un aspetto che diverrà evidente a mano a mano che riceveremo la cosiddetta ‘busta arancione’ elaborata dall’INPS. Solo aggiungendo una pensione complementare si potrà arrivare, in futuro, a un tasso di sostituzione complessivo attorno al 70%.

  1. 3) Che differenza c’è tra la previdenza obbligatoria e quella complementare?

Mentre la pensione erogata dall’INPS viene finanziata a ripartizione, cioè ogni mese si pagano le prestazioni attraverso i contributi che si ricevono da chi ancora è a lavoro, la previdenza complementare si basa su di un processo di capitalizzazione. Vuol dire che i versamenti di ogni lavoratore, non solo si accumulano effettivamente ma vengono investiti nel mercato finanziario maturando i relativi frutti in termini di interessi e dividendi. In questo modo il capitale che si trasformerà in rendita pensionistica sarà decisamente superiore alla mera sommatoria dei versamenti effettuati. Il rendimento medio negli ultimi otto anni di turbolenza dei mercati finanziari è stato del 3,6% contro il 2,2% di rivalutazione del TFR. Senza dimenticare che chi si iscrive al Fondo Pensione Negoziale e versa ad esso il proprio TFR riceve in aggiunta il cosiddetto contributo datoriale, stabilito dalla contrattazione collettiva.

  1. 4) Che cosa è un Fondo Pensione Negoziale e perché viene anche detto ‘chiuso’? Che differenza c’è con un Fondo Pensione Aperto?

Si tratta, in entrambe i casi, di strumenti della previdenza complementare: i primi sono stati pensati e regolati dalla legge per i lavoratori dipendenti nel settore privato, i secondi, invece, sono rivolti all’ampia platea dei lavoratori autonomi. La costituzione dei Fondi Pensione Negoziali è demandata alla contrattazione collettiva, quindi con il concorso dei rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro. Vengono anche definiti ‘chiusi’ perché ad essi possono iscriversi solo i lavoratori dipendenti di un dato settore, devolvendo il TFR maturando. I Fondi Pensione Aperti, invece, sono anch’essi regolati dalla legge ma la loro costituzione e gestione viene realizzata da banche, imprese di assicurazione e società di gestione del risparmio (SGR) che operano in concorrenza tra di loro lasciando al lavoratore autonomo la possibilità di scegliere a quale fondo aperto aderire. Come ulteriore possibilità ci sono anche i Piani individuali di previdenza (cd. PiP) che altro non sono che dei piani di accumulo gestititi dalle principali Compagnia di assicurazione ma che scontano margini commissionali mediamente più elevati rispetto ai Fondi Pensione.

  1. 5) Cosa si versa in un fondo pensione? Solo il Tfr maturando?

Iscrivendosi ad un Fondo pensione il lavoratore versa interamente il proprio Tfr maturando. In più può decidere di contribuire ulteriormente con una percentuale del proprio stipendio (cd. contributo lavoratore). A fronte della devoluzione del Tfr maturando il lavoratore beneficia di un versamento integrativo da parte dell’azienda (cd. contributo datoriale) che viene stabilito dalla contrattazione collettiva e vale solo nel caso in cui il lavoratore opti per il Fondo Pensione Negoziale.

  1. 6) Perchè conviene aderire ad un fondo pensione, anzichè lasciare il Tfr in azienda?

I dati a consuntivo che ho già ricordato dimostrano che su di un orizzonte temporale di lungo periodo il rendimento dei Fondi Pensione Negoziali supera ampiamente la rivalutazione del TFR lasciato in azienda. Dalle tabelle elaborate da COMETA che è il Fondo Pensione Negoziale dei metalmeccanici ed è anche quello di maggiore dimensione, con più di 10 Mld di risparmi accumulati e destinati alle future prestazioni, si vede bene come a parità di contribuzione il lavoratore che ha devoluto alla previdenza complementare il proprio Tfr, al momento del pensionamento  godrà di circa un 25% in più di chi ha lasciato il Tfr in azienda; ciò senza contare il livello di tassazione premiale per chi aderisce ai Fondi Pensione.

  1. 7) Qual è la quota massima dei versamenti fiscalmente deducibili?

Aderendo alla previdenza complementare si beneficia di una tassazione favorevole: si possono dedurre dal reddito complessivo i contributi versati fino al limite di 5.164,57 euro all’anno. Tale importo fa diminuire l’imposta che si deve pagare in base al reddito. 

  1. 8) Sopra questa quota massima, qual è la tassazione che viene applicata?

La tassazione è particolarmente favorevole. L’aliquota si riduce al crescere degli anni di partecipazione alla previdenza complementare. In particolare, per i primi 15 anni di adesione al Fondo l’aliquota è pari al 15%; dal sedicesimo anno si riduce di 0,30 punti percentuali per ogni anno di partecipazione, fino al limite massimo di 6 punti percentuali. Con almeno 35 anni di partecipazione l’aliquota scende quindi al 9%. Inoltre, i rendimenti sono tassati al 20% rispetto al 26% che si applica alla maggior parte delle forme di risparmio finanziario (Legge di stabilità 2015). La tassazione dei redditi di alcuni titoli detenuti dalle forme pensionistiche complementari, come ad esempio i titoli di Stato, è comunque fissata al 12,5%.  

  1. 9) Per un giovane che inizia oggi a versare 5.000 euro annui, quanto potrà percepire di pensione fra quarant’anni?

Ipotizzando la continuità contributiva e partendo dall’assunto che le regole che disciplinano oggi la previdenza complementare siano le stesse al momento del pensionamento, si dovrebbe arrivare a un accumulo di circa 200.000 euro e si potrà godere di una rendita annua di circa 13.000 euro al lordo delle imposte. In alternativa, la normativa consente all'aderente di poter prendere il 50% del montante maturato in capitale e trasformare in rendita solo la parte restante. 

  1. 10) E’ possibile chiedere l'anticipazione totale o parzialecapitale versato, per esempio per motivi di salute, prima del proprio pensionamento?

Nel corso della fase di accumulo e nei soli casi previsti dalla legge, l’iscritto può chiedere anticipazioni sulla propria posizione individuale e il riscatto parziale o totale della posizione individuale. Le anticipazioni possono essere richieste sulla base di criteri che sono simili a quelli individuati per la richiesta dell’anticipo del TFR. Decorsi otto anni di iscrizione si possono richiedere anticipi anche non contemplati dalla legge, purché entro il massimo del 30% e con una ritenuta d’imposta del 23%.  

  1. 11) Nel caso in cui il lavoratore sia posto in mobilità o licenziato, può ritirare quanto aveva versato sul fondo pensione?

La normativa prevede la possibilità di riscattare parzialmente, nella misura del 50 per cento della posizione individuale maturata, nei casi di cessazione dell'attività lavorativa che comporti l'inoccupazione per un periodo di tempo non inferiore a 12 mesi e non superiore a 48 mesi, ovvero in caso di ricorso da parte del datore di lavoro a procedure di mobilità, cassa integrazione guadagni ordinaria o straordinaria. E’ possibile riscattare integralmente la posizione nel caso di licenziamento o dimissioni o in caso di inoccupazione per un periodo superiore ai 48 mesi (purchè non nel quinquennio precedente alla maturazione dei requisiti pensionistici nel sistema obbligatorio) e in caso di invalidità che riduca la capacità lavorativa a meno di un terzo.

12) Si può aprire un fondo pensione anche per un proprio figlio minorenne?

E’ possibile iscrivere un familiare fiscalmente a carico al proprio Fondo Pensione sempre che il fondo abbia previsto statutariamente tale tipologia di adesione.

  1. 13) Come vengono investite le risorse raccolte dai fondi pensione?

Nell’investire i contributi le forme pensionistiche complementari devono rispettare regole di prudenza, definite dalla legge, che tengono conto della finalità previdenziale e non speculativa dell’investimento. Ad esempio, gli investimenti devono essere adeguatamente diversificati e sono previsti limiti quantitativi all’acquisto di determinati strumenti finanziari ritenuti più rischiosi. Nei Fondi Pensione Negoziali, comunque, la gestione avviene in via indiretta giacché viene affidata a operatori professionali (banca, SGR, SIM, impresa di assicurazione) sulla base di convenzioni in cui sono definiti i criteri a cui tali operatori si devono attenere, nonché i loro margini commissionali.

  1. 14) Quali sono i rischi?

Un fondo pensione opera sui mercati finanziari e per tale motivo può essere soggetto alle oscillazioni della borsa. Un conto, però, è non avere un buon rendimento in un certo anno, un altro è perdere il capitale, cosa che viene evitata ricorrendo ad una gestione prudente e diversificata. I Fondi Pensione Negoziali di regola sono multicomparto e presentano la seguente articolazione dell'offerta previdenziale:

a)     Comparto garantito che offre una garanzia di rendimento minimo o di restituzione del capitale versato al verificarsi di determinati eventi (ad esempio, al momento del pensionamento);

b)     Comparto bilanciato che in linea di massima investe in azioni e in obbligazioni nella stessa percentuale o con percentuali di obbligazioni superiori;

c)      Comparto obbligazionario, che investe solo o principalmente in obbligazioni;

d)     Comparto azionario che investe solo o principalmente in azioni.

  1. 15) Esiste un organismo di sorveglianza, col compito di vigilare sulle gestioni dei Fondi Pensione italiani?

Il sistema della previdenza complementare si fonda su di un insieme di regole finalizzate alla tutela del risparmio previdenziale. Per assicurare il buon funzionamento del settore  il legislatore ha istituito una specifica Autorità di vigilanza: la COVIP – Commissione di vigilanza sui fondi pensione – con lo scopo di perseguire la trasparenza e la correttezza dei comportamenti e la sana e prudente gestione delle forme pensionistiche complementari a tutela degli iscritti e dei beneficiari.

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